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Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

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Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda asessa » 26 febbraio 2010, 15:15

Parlamento, presentato il documento finale dell'indagine sul sistema aeroportuale italiano

Napoli, 26/02/2010 (informazione.it - comunicati stampa) Il Parlamento della Repubblica, lo scorso marzo, per approntare una politica di adeguamento del sistema aeroportuale nazionale, avviò un'indagine sull'insieme degli scali distribuiti sul territorio , un lavoro lungo e complesso che si è concluso in questi giorni alla Camera dei Deputati con un dibattito in CommissioneTrasporti. I risultati sono di particolare interesse considerando la fase delicata di transizione che attraverso il trasporto aereo nazionale e mondiale.Nel nostro Paese nel corso del 2009 si è sviluppato un traffico di circa 130 milioni di passeggeri, di cui circa il 50% concentrati tra Roma e Milano, oltre 200 compagnie aeree operative sono i dati principali del trasporto aereo in Italia.
L'Italia occupa il 5° posto per numero di passeggeri in transito dai propri aeroporti, in un mercato europeo di 1.300 milioni di passeggeri nel quale primeggia il Regno Unito con oltre 230 milioni. Seguono Spagna, Germania e Francia. Il primo sistema aeroportuale europeo è quello londinese con oltre 125 milioni di passeggeri, Roma (Fiumicino più Ciampino) con i suoi 40 milioni è al sesto posto. Negli ultimi anni il costo del petrolio prima, e la crisi economica poi, hanno provocato effetti negativi sul trasporto aereo a livello mondiale, rallentandone la crescita e spingendo molti vettori a rivedere la propria organizzazione.
Nel 2009 la crisi globale ha innestato una retromarcia allo sviluppo della mobilità, il traffico passeggeri è calato del 10,1% rispetto al 2008; lo scorso anno è stato definito da Giovanni Bisignani, presidente IATA, associazione internazionale delle aerolinee, "l'anno peggiore che l'industria del settore abbia mai visto". Gli atti conclusivi del lavoro dei parlamentari rappresentano un sistema infrastrutturale italiano di cento aeroporti, dei quali quarantasette aperti al traffico commerciale ma soltanto venti di questi scali coprono il 94.76% del traffico passeggeri. In pratica dai grafici e tabelle emerge un sistema aeroportuale eccessivamente diffuso e con notevoli inefficienze e sprechi, infatti solo sette scali nazionali superano la soglia dei 5 milioni di passeggeri annui che fa scattare l'applicazione della normativa comunitaria in materia di diritti aeroportuali. Se a questi si aggiunge il movimento dell'ottavo scalo, Ciampino (4,7 milioni di passeggeri), si ottiene il 70% del traffico passeggeri dell'intero Paese.
Molti aeroporti hanno un movimento passeggeri molto limitato. A Siena nel 2008 sono transitati nel corso dell'intero anno soltanto 798 passeggeri oppure Albenga (1 .841 transiti), Taranto (2.900 transiti), Aosta (3.057), Grosseto (5.627), Elba (10.360), Tortolì (17.229), Salerno (18.067) e Foggia (29.231). L'aeroporto di Napoli Capodichino, con i suoi 5.322.161 passeggeri, anche se nel corso del 2009 ha subito un 5,7 % in meno del movimento passeggeri, resta tra i primi aeroporti nazionali anche perché concentra praticamente per intero il traffico regionale. La Campania è il territorio che per estensione ed utenza ha meno scali aperti al traffico civile, solo quello di Salerno Costa d'Amalfi oltre all'aeroporto del capoluogo (1). L'indagine rende evidente che nell'intero Paese operano scali per i quali il traffico civile non compensa i costi per sostenere il servizio, e se è comprensibile per quelli che servono aree disagiate o le isole, non se ne capisce l'utilità quando nella stessa regione, o a breve distanza operano altri impianti aeroportuali. Le linee programmatiche, indicate dal documento finale del dibattito parlamentare, indirizzano una serie di interventi correttivi, tra i quali la riduzione del numero di scali aperti al traffico passeggeri, sostenendo fusioni o accordi strategici tra scali che sviluppino sinergie ed economie di scala.
Il documento propone la concentrazione dei fondi pubblici nel potenziamento dei collegamenti intermodali dei soli aeroporti di interesse nazionale (oltre 5 milioni di passeggeri).
Per gli scali tra 1 e 5 milioni di passeggeri liberalizzazione delle tariffe e regolarizzazione semplificata per favorire la competitività: sotto il milione di passeggeri niente più fondi pubblici.
In effetti, dall'indagine emerge che nessuno degli aeroporti italiani è collegato alla città di riferimento da una metropolitana, o connesso con la rete ferroviaria ad alta velocità, e mancano del tutto i collegamenti intermodali per il traffico cargo.
La Campania, è la sola regione italiana che ha previsto di dotare l'aeroporto di una stazione ferroviaria interna allo scalo, collegata al sistema dei trasporti della metropolitana e nel piano regionale dei trasporti, prevede una ulteriore pista per Capodichino da realizzare nello scalo militare di Grazzanise.

1. Aeroporti italiani aperti al traffico civile. : Sicilia ( 6 ), Toscana ( 5 ), Emilia Romagna (4), Sardegna(4),Puglia (4), Lombardia (4), Veneto (3),Calabria(3), Lazio (2), Liguria(2), Piemonte( 2), Campania (2), Friuli Venezia Giulia( 1), Trentino Alto Adige(1), Val d`Aosta(1), Marche(1), Abruzzo (1),Umbria (1)


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Re: Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda culaddio » 26 febbraio 2010, 16:14

ma l'aeroporto SALERNO - COSTA D'AMALFI, hanno idea in quanto tempo ha ottenuto quei 18mila pax? non abbiamo mai fatto un anno solare interamente open al traffico di linea! i numeri di quei dati sono erratissimi!
ma nessuno glielo fa notare scusate?
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Re: Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda asessa » 26 febbraio 2010, 16:16

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Re: Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda culaddio » 26 febbraio 2010, 16:23

sono errati sia per una previsione che secondo me e' sbagliatissima, poiche' all'epoca erano attive le tratte con MXP e con BCN solamente, e parliamo dei mesi di agosto, settembre, ottobre, novembre, mentre a dicembre si e' avuto lo stop per i motivi che tutti noi sappiamo. io invece dico che nei precedenti mesi di luglio, giugno, maggio ed anche aprile, qualcosa in piu' si sarebbe mosso, poiche' durante quell'anno (2008) c'erno prima di tutto piu' possibilita' di ponti vacanzieri (25/04 - 01/05 - 02/06) ed anche perche' si potevano anche attivare tratte diverse, come torino, citta' che e' sempre appetita dalla citta' di salerno, si potevano organizzare i charter, e via dicendo... per me le prospettive numeriche di quei dati non sono giuste!
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Re: Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda asessa » 26 febbraio 2010, 16:33

Ahee Rafè però nu me fa vinì' o mal e cap :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

Mo proprio ti ho risposto da la!

I numeri dell'articolo si rifanno al 2008, le operazioni sono iniziate ad agosto quindi non capisco che c'entra aprile, maggio e giugno successivi che sarebbero stati contati nel 2009.
Le tratte attive erano MXP (bigiornaliero) , BCN e BBU.

A proposito, nel 2009 saranno stati ovviamente ancora di meno...molti di meno
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Re: Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda stefano47 » 26 febbraio 2010, 21:57

bhè leggere 18.000 passeggeri non è male come esperienza GAN/Orion... chissà perchè ne ricordavo molti di meno! :D
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Re: Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda asessa » 20 maggio 2010, 15:06

Nuvole sul futuro scalo di Viterbo l'Enac dice no a nuovi aeroporti

Rapporto nazionale sul trasporto aereo: per investire
sui 47 esistenti servono aumenti delle tariffe

A FIUMICINO E MALPENSA IN PROGRAMMA 17 CANTIERI

ROMA - «Nuovi aeroporti? Non sono assolutamente necessari». Lo dichiara il presidente dell'Enac, Vito Riggio, nel presentare il rapporto 2009 dell'Ente per l'aviazione civile. Parole che sembrano un macigno sulla già tormentata strada dell'aeroporto di Viterbo, destinato a diventare il secondo scalo della Capitale.
Dopo il giallo del dossier olimpico, nel quale lo scalo low cost viterbese (candidato ad accogliere molti voli low cost dirottati da Ciampino) non è neppure menzionato tra le opere futuribili, mancava solo la dichiarazione di Riggio. Ma quella del destino del nuovo aeroporto non è che una delle questioni che, direttamente o indirettamente, pone l'Enac.

TARIFFE DA AUMENTARE - In arrivo, secondo il presidente dell'ente, c'è anche una raffica di aumenti negli scali italiani, inclusi il «Leonardo da Vinci» e il «G.B.Pastine». Secondo Riggio è il momento di tornare ad investire negli aeroporti: ma solo nei 47 scali commerciali esistenti che sono «più che sufficienti per cui non ne sono necessari nuovi». E per investire, «se vogliamo uno sviluppo occorre rimodulare le tariffe aeroportuali altrimenti in vista dell'aumento di traffico non saremo all'altezza di essere competitivi».
«L'aumento delle tariffe in questo momento - osserva Riggio - non è positivo per gli utenti, ma gli aeroporti non ne hanno da 7 anni e quindi gli investimenti ne hanno risentito». Peraltro, insiste, l'aumento di 3 euro «per gli aeroporti con oltre 10 milioni di passeggeri, che era stato annunciato a settembre, non è stato ancora realizzato».
DIECI MILIARDI DA SBLOCCARE - Sul piano dei nuovi investimenti Riggio ha precisato che «nel prossimo decennio sono previsti 10 miliardi a livello nazionale, fondi che per essere utilizzati dai gestori hanno bisogno di uno sblocco delle tariffe. In dieci anni - ha aggiunto - lo Stato centrale non ha investito un euro sugli aeroporti, gli investimenti sono stati fatti tutti dalle società di gestione».
Sugli aeroporti di Fiumicino e Malpensa, come si legge nel rapporto, Sea e Adr apriranno 17 cantieri per un investimento complessivo di 5 miliardi entro il 2020 e quasi 14 entro il 2040 con la prospettiva di garantire oltre 150 mila nuovi posti di lavoro nei prossimi 10 anni.
Altri fondi, secondo il vertice di Enac, potranno venire da privati ed enti locali: «Nel piano nazionale degli aeroporti che dovrà essere fatto dal governo si dovranno individuare quelli strategici e quelli di rilevanza regionale per i quali gli enti locali possono avere la gestione provvedendo agli investimenti». Riggio ha ricordato il lavoro dell'Enac per quanto riguarda il riassetto complessivo del sistema areoportuale: «Oggi sono più di 40 gli aeroporti certificati dall'Enac e dati in gestione, pari al 99% del traffico».

NNUS HORRIBILIS - Nel rapporto Enac si sottolinea come il 2009 sia stato «l'annus horribilis del trasporto aereo che ha registrato una forte contrazione del trasporto passeggeri e merci e ha determinato una crisi più grave del 2001-2002». Tuttavia, «l'inizio del 2009 è coinciso con la positiva soluzione della vicenda Alitalia, che rispetto alle altre compagnie straniere come Air France e British Airways ha registrato perdite più contenute».
SISTEMA SICURO - Continuando nella lettura delle statistiche, Riggio rileva che il trasporto aereo «si è confermato anche nel 2009 il sistema di trasporto più sicuro, con un tasso in costante calo del rapporto fra incidenti, passeggeri trasportati, chilometri percorsi, partenze. Lo scorso anno, in base al numero di incidenti con esito fatale, tale media è risultata in miglioramento rispetto a quella dell'ultimo decennio.
«In base a studi compiuti Flight Safety Foundation, nel 2009, riferendosi all'intero settore dell'industria del trasporto aereo mondiale, - si legge nel documento - ci sono stati 28 incidenti aerei mortali con 749 vittime, rispetto ai 34 incidenti fatali e ai 583 decessi dell'anno precedente. Con riferimento agli incidenti aerei gravi (non solo, quindi, quelli mortali) che hanno coinvolto jet di costruzione occidentale, il tasso medio che nel 1990 era di 1,18 eventi per milione di partenze, nell'ultimo decennio è stato pari allo 0,57. In Italia nel 2009 nessun volo di linea è stato coinvolto in incidenti aerei fatali. Gli unici incidenti aerei che hanno registrato vittime sono stati un volo militare, il 23 novembre 2009 (Pisa, Lockeed KC-130 Hercules, 5 vittime equipaggio) ed un volo executive, il 7 febbraio 2009 (Trigoria, Cessna Citation III, 2 vittime equipaggio)».
Intanto prosegue «la sperimentazione dei due body scanner di produzione americana nei tre scali italiani di Roma, Milano e Venezia e ci aspettiamo anche un forte contributo dalle forze di polizia e dal ministero dell'Interno per agevolare le operazioni di snellimento dei passeggeri».
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Re: Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda Maurodux » 20 maggio 2010, 18:42

valorizzassero le strutture esistenti invece di creare altre cattedrali nel deserto!
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Re: Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda james » 26 giugno 2010, 18:48

In Italia troppi scali inutili: in arrivo il piano nazionale
Nel nostro Paese ci sono 48 aeroporti aperti al traffico civile. Tra cui Biella che, in un anno, ha contato 18 viaggiatori. 25 strutture non superano i 700 mila passeggeri. Il Ministero delle infrastrutture, insieme all’Enac, ha deciso di dare un taglio

di Valeria Valeriano

Quarantotto scali aperti al traffico commerciale. La metà non riescono a raggiungere i 700 mila viaggiatori all’anno. Solo diciassette hanno una variazione positiva rispetto al 2008. In appena due regioni su venti non ce n'è almeno uno. In quello di Biella, nel 2009, sono passati diciotto passeggeri. Benvenuti nell’Italia degli aeroporti inutili. Tra poco, però, potrebbe arrivare l’ora della razionalizzazione. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, insieme all’Enac, sta elaborando un piano aeroportuale nazionale. Un programma che, dopo l’espansione caotica di questi anni, garantisca uno sviluppo ordinato della rete italiana. Lo studio dovrebbe servire da un lato a valutare le esigenze di potenziamento degli scali esistenti, dall’altro la fondatezza delle proposte di costruzione che continuano ad arrivare.

A puntare il dito contro il numero “eccessivo” di scali nel nostro Paese, anche la IX Commissione permanente (trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera. Che ha disposto un’indagine conoscitiva per “individuare le criticità del sistema e definire adeguate linee di intervento, anche a livello legislativo”. “In Italia? Troppi microaeroporti con poco traffico”. Era il 17 febbraio 2010 e questa è la conclusione a cui era arrivata. Dopo quarantuno audizioni durante le quali è stato ricostruito il quadro completo della situazione. Quello che è emerso dall’analisi è un apparato aeroportuale “diffuso ma debole”. Quattro mesi più tardi, le valutazioni della Commissione trovano conferma anche nei dati di traffico degli scali italiani forniti dall’Enac. L’Ente nazionale per l’aviazione civile stila, in base ai numeri del 2009, la classifica dei 48 aeroporti. Da Fiumicino, primo per passeggeri e movimenti, ad Aosta, Vicenza e Tortolì, ultimi con valori pari a zero, chiusi o sui quali non sono disponibili dati. In totale i viaggiatori sono stati poco meno di 130 milioni. In calo rispetto all’anno precedente del 2,3 per cento. Più della metà del traffico, circa 70 milioni di passeggeri, si concentra sui sistemi aeroportuali di Roma (Fiumicino e Ciampino) e Milano (Linate, Malpensa e Bergamo). I primi dieci scali coprono il 75,5 percento del totale delle persone trasportate. I primi venti quasi il 95 percento. Gli altri ventotto hanno un’incidenza sul totale sotto l’1 percento.

“L’Italia – sentenziava l’indagine – non ha bisogno di un maggior numero di scali, ma di aeroporti più grandi, più efficienti e meglio connessi al territorio”. La nostra Penisola, infatti, non ha hub (né per il trasporto si passeggeri né di merci) o strutture di dimensioni simili a quelle di altri stati europei. Come Londra-Heathrow, Parigi-Charles de Gaulle, Francoforte-Meno, Madrid-Barajas. “Nel nostro Paese – si legge nel documento conclusivo approvato dalla Commissione – c’è stata una proliferazione di aeroporti avvenuta in assenza di una programmazione nazionale capace di individuare una strategia coerente di sviluppo”. La liberalizzazione del settore, effetto della normativa europea, ha portato ad un’espansione disordinata, autonoma. Alla mancanza di pianificazione si aggiunge la sovrapposizione, tra Stato e regioni, delle competenze istituzionali. Risultato? Risorse pubbliche sprecate per i microscali quando potrebbero essere utilizzate per potenziare altri aeroporti. “Si tratta – spiega la IX Commissione – non solo delle ingenti risorse che i soggetti pubblici investono nella costruzione delle strutture, ma anche dei successivi costi di gestione”. Spese fisse (ad esempio per i controllori del traffico aereo, le forze dell’ordine, il personale della dogana e delle ispezioni di sicurezza) a carico della collettività. Soldi di tutti che, avverte l’indagine, “non hanno giustificazione se l’aeroporto non ha volumi di traffico adeguati”. Altra conseguenza dell’assenza di un progetto nazionale è la “concorrenza deleteria”: gli scali, spesso troppo vicini, faticano a svilupparsi e a raggiungere dimensioni significative.

Come se non bastassero quelli esistenti, c’è anche chi pensa ad altri aeroporti. “Si assiste – svela la Commissione – a molteplici iniziative volte alla costruzione di nuovi scali per i quali è difficile immaginare un bacino di utenza adeguato”. Succede in Calabria. Nella regione ci sono già tre aeroporti: a Crotone, a Reggio Calabria e a Lamezia Terme. Il primo, nel 2009, ha registrato poco più di 50 mila passeggeri e un calo del 42,1 percento rispetto all’anno precedente. Il secondo meno di 500 mila viaggiatori (-8,9 %). L’ultimo è l’unico in attivo, con oltre un milione e mezzo di passeggeri e un più 9,1 percento rispetto al 2008. Nonostante questi numeri è stato presentato un progetto per uno scalo nella Piani di Sibari. “Perché anche la provincia di Cosenza deve avere un aeroporto”, è la spiegazione più gettonata. Discorso simile per il Lazio. Si pensava ad un terzo scalo su cui dirottare soprattutto i voli low cost. Dopo anni di “lotta” tra Viterbo e Frosinone per accaparrarsi la struttura, ecco la soluzione tipicamente all’italiana prospettata da qualcuno: due aeroporti, uno per ogni città.

“Si potrebbe prevedere che, in caso di nuovi scali che non rientrano in una programmazione condivisa tra Stato e regione interessata, i costi dei servizi siano a carico del soggetto che gestirà la struttura”, ha proposto la Commissione. Che si è spinta oltre: “È necessaria una programmazione dello sviluppo della rete”. Un piano aeroportuale nazionale, appunto. Grazie al quale “la realizzazione e l’ubicazione delle nuove strutture – si spiega nell’indagine conoscitiva – si baserà su analisi approfondite delle dimensioni del traffico aereo e del numero di passeggeri che queste potranno attrarre. Si terrà conto dei collegamenti con gli altri mezzi di trasporto e degli scali già in funzione”.

Secondo la Commissione, gli aeroporti andrebbero “giudicati” proprio in base al traffico di passeggeri. Quelli che superano i 5 milioni diventano di interesse nazionale. Si tratta di strutture alle quali si applica la normativa comunitaria in materia di diritti aeroportuali e sulle quali dovrebbero concentrarsi le risorse pubbliche. In base ai dati Enac, al momento sarebbero sette. Per gli scali con un numero di viaggiatori compreso tra 1 e 5 milioni potrebbero essere liberalizzate, entro certi limiti, le tariffe. In questo modo, tra le sedici attualmente in questa fascia intermedia, riuscirebbero ad affermarsi solo le strutture più efficienti e meglio gestite. E i 25 aeroporti, alcuni nati su spinta elettorale, che non raggiungono il milione di passeggeri annui? Sopravviveranno solo in due casi: o continueranno ad avere finanziamenti pubblici perché essenziali (si pensi alle isole), o si manterranno sulle proprie gambe. Chi non ce la fa verrà escluso dal traffico commerciale. Alcuni di questi scali potrebbero essere dedicati al trasporto di merci, altri all’aviazione generale e d’affari (ultraleggeri ed elicotteri, ad esempio).

Verrebbero risparmiate, così, importanti risorse. Che potrebbero essere impiegate per migliorare i collegamenti tra gli aeroporti di interesse nazionale e il territorio. L’indagine conoscitiva ha evidenziato, infatti, l’esigenza di un “raccordo tra programmazione aeroportuale e programmazione delle infrastrutture di trasporto”. È emerso che nessuno degli scali italiani è collegato alla città dalla metropolitana o dall’alta velocità. Solo pochi hanno previsto una stazione ferroviaria interna. Forse è anche per queste difficoltà che “la propensione al volo, misurata sulla base del numero di voli effettuati in un anno per abitante, in Italia è notevolmente inferiore alla media europea”.
È necessario, inoltre, migliorare “le infrastrutture aeroportuali in senso stretto”. Per contenere i costi si potrebbe ragionare, dice la Commissione, su scali low cost: aeroporti pensati come strutture di flusso, dove il passeggero rimane il minor tempo possibile e ha soltanto i servizi essenziali. Gli aeroporti più grandi, invece, dovrebbero fornire “servizi di qualità più che soddisfacente”. “Bisogna che tutti gli scali – si legge nel documento conclusivo dell’indagine – presentino un aspetto decoroso. Infondo forniscono, soprattutto ai turisti, la prima e l’ultima immagine delle nostre città e del nostro Paese”. Le impressioni che, si sa, rimangono più impresse.
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Re: Aeroporti, in Italia poco traffico in troppi scali

Messaggioda asessa » 20 luglio 2010, 9:41

Il sole 24 ore riprende "il piano nazionale"...

Senza futuro la metà degli aeroporti
Altolà alla polverizzazione aeroportuale e alle guerre di campanile: sono 24 (la metà di quelli oggi in funzione) gli scali che dovranno essere chiusi o drasticamente ridimensionati perché hanno un bacino di traffico insufficiente o vincoli infrastrutturali insuperabili. A questi scali lo Stato non dovrà più fornire nessun aiuto o sostegno finanziario, promuovendo lo spostamento del traffico verso scali più efficienti. Ci sono vittime illustri come Brescia Montichiari, Cuneo, Foggia, Roma Ciampino. Altri dieci scali conquistano la serie B e diventano recuperabili in quanto primarie «riserve di capacità del sistema»: tra questi il nuovo aeroporto di Viterbo su cui, per altro, le perplessità non vengono meno. Solo 14 sono gli scali davvero strategici che guadagnano un posto nella serie A: in testa ci sono i tre gate intercontinentali Fiumicino, Malpensa e Venezia, intorno ai quali bisogna costruire la strategia di sviluppo del paese.
È pronto il Rapporto sulle strategie di programmazione per il sistema aeroportuale italiano che l'Enac, l'ente nazionale dell'aviazione civile, ha trasmesso nei giorni scorsi al ministero delle Infrastrutture. Il documento, messo a punto da One Works, Kpmg e Nomisma, è il nocciolo del futuro piano nazionale degli aeroporti, come ha detto Matteoli. L'orizzonte temporale è lo sviluppo nei prossimi venti anni. L'idea-chiave è che occorre fare scelte razionali in linea con i principali paesi europei: favorire la massima concentrazione sui tre sistemi aeroportuali maggiori, adeguando le loro infrastrutture e raccordando altri scali dell'area.
Fiumicino che oggi fa 39 milioni di passeggeri con Ciampino può arrivare nel 2030 a 80 milioni con un mini-Ciampino e il nuovo scalo di Viterbo. Malpensa oggi fa 19 milioni di passeggeri, può arrivare a 46 con Linate specializzato come city airport (da 9 a 11 milioni). Il sistema Venezia-Treviso può passare da 8,5 milioni di passeggeri annui a 20. Per fare tutto questo occorrono investimenti, adeguati e in fretta.
Viterbo è il caso più spinoso di programmazione aeroportuale. La politica nazionale e locale lo vuole, i tecnici non lesinano perplessità. Il compromesso alla fine è questo: si sviluppi pure il nuovo scalo se non si vuole puntare sull'espansione di Fiumicino anche al traffico low cost (la soluzione considerata più razionale ed europea), ma a condizione che questo non comporti un'eccessiva dispersione di risorse per le nuove costosissime infrastrutture ferroviarie e stradali di collegamento. Liberamente tradotto: se proprio la politica deve fare Viterbo per ragione di consenso, lo si metta in programma, ma si valutino bene i costi infrastrutturali perché le probabilità che risultino una follia sono elevate.
Il rapporto coordinato da Giulio De Carli (One Works) è il primo a dire chiaramente le cose fondamentali da fare per il nostro sistema aeroportuale. Anche Ercole Incalza, primo collaboratore di Matteoli e coordinatore della commissione ministeriale messa in piedi sulla pianificazione aeroportuale, la vede in questo modo.
La prima conclusione di policy del piano è che l'era della proliferazione spontanea degli scali è finita, ora è il momento di fare sistema a livello nazionale e a livello di macro-aree. «È anche l'ora di dire agli enti locali che bisogna fare scelte impopolari e non sono più sopportabili gli sprechi per scali che sono mal collocati, mal collegati e sottocapitalizzati», dice il presidente di Enac, Vito Riggio. Lo studio costituisce la base per queste scelte.
Anche a livello di area e di singolo scalo si comincia a comprendere ora quanto sia utile la «nuova programmazione», capace di far incontrare le previsioni a breve del mercato del trasporto aereo e quelle di lungo periodo di sviluppo del territorio. Addio alle vecchie modalità di pianificazione dirigiste che risalgono agli anni '60: da anni è nata negli Usa e in Europa una nuova generazione di piani aeroportuali il cui obiettivo è esclusivamente catturare il mercato per portarlo su un territorio, vincendo la competizione con altri territori. De Carli oggi non vuole commentare lo studio (è ancora tenuto alla riservatezza) ma in passato ha rilevato che i progressi di Malpensa nell'ultimo anno, quando l'obiettivo era uscire dalla crisi Alitalia, sono il miglior riconoscimento di questa nuova pianificazione in Italia.
La seconda conclusione del rapporto è che il forte aumento del traffico previsto al 2030 (si dovrebbe passare dagli attuali 130 milioni di passeggeri a un traffico compreso fra 243 e 295 milioni con incrementi compresi tra l'87 e il 127%) è un potenziale straordinario che metterebbe l'Italia in linea con i più importanti paesi europei, ma rischia di essere perso se non si adeguerà rapidamente la capacità dei nostri scali aeroportuali più importanti. Senza investimenti urgenti Fiumicino raggiungerà la saturazione già nel 2017.
Il terzo aspetto riguarda la rete ferroviaria e stradale di accessibilità agli scali. Qui il principio della concentrazione dovrebbe guidare ogni scelta politica razionale: non solo occorre razionalizzare i piani Anas e Fs, che ormai stentano sempre più a trovare risorse pubbliche, ma concentrare il traffico aereo su un numero di scali limitati vuol dire anche evitare investimenti infrastrutturali di collegamento costosi e poco utili. Concentrare è la parola chiave del rapporto. Se poi le infrastrutture davvero fondamentali del paese – l'alta velocità ferroviaria e gli aeroporti intercontinentali – fossero davvero messe in rete e raccordate tra loro, allora l'Italia farebbe quel salto di qualità che al momento sembra ancora molto lontano.
Antonio Sessa - Presidente Associazione FlySalerno
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